venerdì 22 marzo 2019

Greco - La Neosofistica

La neosofistica si sviluppa nel II sec. d.C.; L'insegnamento della retorica e della filosofia erano alla base della formazione dei giovani che intendevano intraprendere la carriera politica. Alcuni di questi però non intraprendevano l'attività politica; i migliori studenti di retorica facevano dell'eloquenza una fonte di celebrità e guadagno. Si spostavano, infatti, nelle varie città esibendosi in pubbliche declamazioni nei vari luoghi di raduno. 
Alcuni di questi "maestri di eloquenza" pronunciavano discorsi già preparati in precedenza, mentre altri li improvvisavano al momento. Il loro scopo era quello di impressionare il pubblico con le proprie capacità nell'ambito dell'eloquenza. 

Nacque così un vero e proprio movimento culturale che venne chiamato neosofistica e la cui definizione viene data dal retore Filostrato che, in un suo opuscolo, aveva suddiviso l'eloquenza greca in 3 periodi:
1) l'antica sofistica ateniese del V sec. a.C.;

2) i 10 oratori attici del canone alessandrino (gli oratori più famosi del IV sec. a.C);
3) neosofistica, ovvero l'insieme di questi retori del II sec. d.C che venivano pagati per i loro discorsi.

Questi ultimi miravano a sviluppare l'arte della parola e talvolta coltivavano maggiormente l'aspetto esteriore dell'eloquenza perché volevano suscitare meraviglia in chi ascoltava. L'elemento caratteristico di questo movimento fu lo spostamento dell'eloquenza dalle scuole ai luoghi pubblici.

lunedì 18 marzo 2019

Latino - Classico: Incipit delle Confessiones Augustini

Sei grande, Signore, e degno di somma lode: grande è la tua potenza, e la tua sapienza non ha numero. E l'uomo, minima particella del tuo creato, vuole lodarti: l'uomo, che porta in giro con se la sua natura di morte, che porta in giro con se la prova del suo peccato e la prova che resisti ai superbi (cfr. Adamo ed Eva). Eppure l'uomo, minima particella del tuo creato, vuole lodarti. Tu, tu lo spingi a trovar gioia nelle tue lodi, poiché ci hai fatti per te ed inqiueto è il nostro cuore finché non si acquieta in te.
Dammi, Signore, di conoscere e comprendere se ti si debba prima invocare o lodare, e se ti si debba prima conoscere o invocare. Ma chi ti invoca senza conoscerti? Chi non conosce, infatti, potrebbe invocare uno al posto di un altro. O, al contrario, ti si dovrà invocare per conoscerti? Ma come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? O come credono, se nessuno lo avrà annunciato? Loderanno il signore coloro che lo cercano. Cercandolo infatti lo trovano e trovandolo lo loderanno. Che io ti cerchi, Signore, invocandoti, e che ti invochi credendo in te, poiché ci sei stato annunciato. Ti invoca, Signore, la fede che mi hai dato, che mi hai ispirato mediante l'incarnazione del figlio tuo, mediante il ministero del tuo annunciatore.

martedì 5 marzo 2019

A Lezione Con Marco: Mi Presento

Ciao, sono Marco, dopo la Laurea Magistrale, ho frequentato due Master, uno di indirizzo economico ed uno di indirizzo internazionale. Attualmente sto svolgendo un Dottorato di Ricerca.

Da diversi anni aiuto gli Studenti, con un metodo individualizzato, che tiene accuratamente conto delle loro esigenze. 

La mia priorità è di soddisfare i bisogni dello Studente, cercando il più possibile di adattarmi al suo carattere e di stimolare il suo interesse rispetto alla materia che si studia.


Garantisco massima competenza, serietà e disponibilità... e, con il giusto impegno da parte dello studente, ottimi risultati in sede di esame!

Periodo di interrogazioni?
Sommerso dai compiti?

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venerdì 16 marzo 2018

Latino - Apuleio - Trama di Amore e Psiche


Psiche, una bellissima fanciulla che non riesce a trovare marito, diventa l'attrazione di tutti i popoli vicini che le offrono sacrifici e la chiamano Venere. La divinità, saputa l'esistenza di Psiche, gelosa per il nome usurpatole, invia suo figlio Amore (o Cupido) perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro della terra e sia coperta dalla vergogna di questa relazione. I genitori di Psiche, nel frattempo, consultano un oracolo che risponde:

Psiche viene così portata a malincuore sulla cima di una rupe e lì viene lasciata sola. Tuttavia il dio si innamora della mortale e, con l'aiuto di Zefiro, la trasporta al suo palazzo dove, imponendo che gli incontri avvengano al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fa sua; così per molte notti Eros e Psiche bruciano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto; Psiche è prigioniera nel castello di Cupido, legata da una passione che le travolge i sensi.

Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, che Cupido le aveva detto di evitare, con una spada e una lampada ad olio decide di vedere il volto del suo amante, nella paura che l'amante tema la luce per la sua natura malvagia e bestiale. È questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cade dalla lampada e ustiona il suo amante:

Fallito il tentativo di aggrapparsi alla sua gamba, Psiche straziata dal dolore tenta più volte il suicidio, ma gli dei glielo impediscono. Psiche inizia così a vagare per diverse città alla ricerca del suo sposo, si vendica delle avare sorelle e cerca di procurarsi la benevolenza degli dei, dedicando le sue cure a qualunque tempio incontri sul suo cammino. Arriva però al tempio di Venere e a questa si consegna, sperando di placarne l'ira per aver disonorato il nome del figlio.

Venere sottopone Psiche a diverse prove: nella prima, deve suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali; disperata, non prova nemmeno ad assolvere il compito che le è stato assegnato, ma riceve un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che provano pena per l'amata di Cupido. La seconda prova consiste nel raccogliere la lana d'oro di un gruppo di pecore. Ingenua, Psiche fece per avvicinarsi alle dette pecore, ma una verde canna la avverte e la mette in guardia: le pecore diventano infatti molto aggressive con il sole e dovrà aspettare la sera per raccogliere la lana rimasta tra i cespugli. La terza prova consiste nel raccogliere dell'acqua da una sorgente che si trova nel mezzo di una cima tutta liscia e a strapiombo. Qui viene però aiutata dall'aquila dello stesso Giove.

Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente, Psiche riceve con l'amante l'aiuto di Giove: mosso da compassione il padre degli dei fa in modo che gli amanti si riuniscano: Psiche diviene una dea e sposa Amore. Il racconto termina con un grande banchetto al quale partecipano tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fa da coppiere, le tre Grazie suonano e il dio Vulcano si occupa di cucinare il ricco pranzo.L'ultima e più difficile prova consiste nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina un po' della sua bellezza. Psiche medita addirittura il suicidio tentando di gettarsi dalla cima di una torre; improvvisamente però la torre si anima e le indica come assolvere la sua missione. Durante il ritorno, mossa dalla curiosità, apre l'ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina, che in realtà altro non è che il sonno più profondo. Questa volta verrà in suo aiuto Amore, che la risveglia dopo aver rimesso a posto la nuvola soporifera uscita dalla ampolla e va a domandare aiuto a suo padre.

Più tardi nasce la figlia, concepita da Psiche durante una delle tante notti di passione dei due amanti prima della fuga dal castello. Questa viene chiamata Voluttà, ovvero Piacere.
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(nessun diritto sull'immagine)

lunedì 5 marzo 2018

Greco - Teocrito

Teocrito è l'iniziatore della poesia bucolica, prende come soggetto l'ambiente campestre.
Teocrito ha scritto idilli e mimi.
Su di lui abbiamo scarse notizie.
Nacque a Siracusa intorno al 310 a. C. ; fu, per un periodo, nell'isola di Kos dove c'era una scuola di medicina. Si recò ad Alessandria e fu attivo nel museo e nella biblioteca ma non fu uno dei direttori come Callimaco o Apollonio Rodio. Mori intorno al 260 a. C. Abbiamo un corpus di opere che comprende 30 carmi. Sono per lo più idilli e mimi.
Idillio: diminutivo della parolina greca Eidos.  è un piccolo quadretto o Componimento che insiste sulla forma, ambientato in uno scenario campestre. Mimo: piccolo componimento descrittivo ambientato in città. Importante  è il carattere descrittivo,bozzettistico. 
Nella raccolta il 1 componimento e i componimenti dal 3 all'11 sono carmi bucolici così come le bucoliche di Virgilio. il 2 il 14 e il 15 sono mimi urbani. tutti gli altri sono epilli mitologici. Nella raccolta teocritea domina la polueideia. Prevale l'esametro,il dialetto dorico letterario con numerosi termini di origine omerica. 
La poesia bucolica non nasce dal nulla,ma ci sono dei precedenti letterali come i poemi omerici (PERVIII canto dell'iliade). i poeti Che prenderanono spunto da teocrito sono Mosco e Bione. in Teocrito la natura  è vista come una sorta di rifugio nella campagna per godere della asuchia (calma,tranquillità). questa pace di cui ci parla Teocrito sarebbe il corrispondente dell'atarassia e della apateia! Inoltre si parla di realismo:non  è integrale perché i suoi pastori sono stilizzati nella lingua e nel modo di vestire,infatti parlano il dorico letterario e sono letterati non  è un realismo integrale corrispondente a quello che troviamo in Petronio. Teocrito  è di area magno-greca. Sarà un modello per Virgilio con la differenza che Teocrito tratta di ambienti allegri,virgilio ambienti cupi. 
1 idillio "Tirsi":nome di un pastore a cui viene chiesto di rievocare la morte di Dafni(semidio siciliano inventore della poesia bucolica);questo pastore riceverà una capra con i suoi 2 piccoli e una coppa. il motivo della coppa da l'input al Poeta per fare un'echfrasis (divagazione procedimento della poesia ellenistica per fare sfoggio della propria erudizione) in cui racconta di ciò che  è raffigurato come fa Omero con lo scudo di Achille,Virgilio,Catullo. il 3 idillio  è una serenata d'amore in cui l'amato che viene respinto se ne sta davanti la porta chiusa e canta una poesia d'amore,serenata ai chiavistelli (parachlusituion) riprendendo Tibullo e quindi tipico della poesia elegiaca e ripreso nell'epigramma ellenistico. gli idilli 6 e 11 sono dedicati all'amore tra Polifemo e Galatea solo che in un idillio  è Polifemo innamorato di Galatea nell'altro  è il contrario ma in entrambi i casi l'amore non  è corrisposto. l'idillio 7  è l'idillio in cui Teocrito esprime la sua poetica nelle"Talisie"(festa in onore di Demetra). la festa avveniva nel tempo della trebbiatura in cui si incontrano 2 pastori e decidono di fare una gara di canto. un motivo ricorrente della poesia bucolica  è l'alterco o amebeo in cui si sfidano facendo un canto per uno. al vincitore viene dato un bastone simbolo del mondo bucolico. il bastone dietro il quale si cela Teocrito che si definisce creatore della poesia bucolica e simboleggia la nascita della poesia pastorale. inoltre in questo idillio c'è il concetto di asuchia che sarebbe la tranquillità di vita(atarassia e apateia)collegamento con stoicismo ed epicureismo. I Mimi Il 2 idillio e si chiama l'"Incantatrice" perche si basa su un rito magico. la protagonista Simetra vuole con un incantesimo ricondurre a se l'uomo amato che l'ha tradita. ad aiutare Simetra c'è la sua schiava. collegamento con Saffo lode ad Afrodite,Medea,la maga Circe. Il 14 idillio riguarda l'amore di Cinisca. parla di un giovane che se ne sta a casa trascura gli amici perche la donna amata si  è invaghita di un altro. per decidere di dimenticarsi di lei decide di arruolarsi. si collegamento alla commedia nuova riprendendo il dramma borghese. nell'ultima parte del componimento c'è un richiamo a Callino, Archiloco, Tirteo con la figura dell'oplita. richiami a Menandro e la Samia. Mimo 15 si chiama le "siracusane" Protagoniste sono 2 donne di Siracusa appartenenti alla borghesia media che già aveva offerto spunto alla commedia di Menandro. si chiamano Gorgo' e Prassinoa. suddividiamo il mimo in 3 scene. 1scena a casa di Prassinoa: Gorgo'  è andata a trovare Prassinoa e entrambe si preparano per andare alla festa in onore del Dio Adone. Mentre si preparano parlano e se la pigliano con i rispettivi mariti che le hanno costretto a vivere lontane. alla discussione  è presente il figlio di Prassinoe, Zopiro. richiamo al 3 libro delle Argonautiche. lasciano il piccolo a casa e si avviano. la seconda scena vede le 2 donne che si strattonano per la strada di Alessandria(divenuta una metropoli) dove vivono lamentandosi che la città non  è più sicura perche ci sono persone di tutte le culture. la terza scena si svolge nel palazzo reale le 2 ammirano gli arazzi i tappeti a voce alta e vengono rimproverate da un uomo. le donne lo attaccano. le due però devono correre a casa perche Prassinoe devono preparare la cena altrimenti diventa tutto aceto. i miti teocritei hanno un tono borghese e una struttura drammatica e imperniata sul dialogo.

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domenica 29 aprile 2012

Geografia Astronomica - I Fenomeni Vulcanici

IL VULCANISMO
Il vulcanismo è la risalita all’interno della terra, di materiali rocciosi allo stato liquido, mescolati a gas e a vapori, tutti ad alte temperature, che una volta giunti in superficie, si raffreddano rapidamente e si solidificano.

LA FORMA DI UN VULCANO
La forma di un edificio vulcanico dipende dai prodotti eruttati, e così abbiamo:
  • Vulcano-strato: è un vulcano a forma di cono, costituito dall’alternanza di strati di lava ( magma fuoriuscito in superficie e privo di gas e vapori ) e di piroclasti.
  • Vulcano a scudo: è un vulcano dalla forma appiattita dovuta dalla notevole fluidità delle lave ( isola Hawaii )

I TIPI DI ERUZIONE
I fattori che influenzano il tipo di attività vulcanica sono la viscosità del magma in risalita e il contenuto di aeriformi. Grazie a questi fattori possiamo distinguere:
  1. ATTIVITA’ EFFUSIVA DOMINANTE
( magma, materiale fuso presente all’interno della terra, molto fluido)
    • Eruzioni di tipo Hawaiano: sono caratterizzate da abbondanti effusioni di lave molto fluide che danno origine ai vulcani a scudo. I gas, invece, si liberano tranquillamente e sono seguiti da “fontane di lava” alte più di 100m.
    • Eruzioni di tipo islandese: sono caratterizzate sempre da lave molto fluide che escono però da lunghissime fessure.
  1. ATTIVITA’ EFFUSIVA PREVALENTE
( magma meno fluido )
    • Eruzioni di tipo stromboliano: sono caratterizzate da un’attività esplosiva regolare dovuta all’accumulo di gas presente nel cratere, e una volta raggiunta una pressione alta la sorta di “tappo”, costituitosi in precedenza, si rompe e inizia l’attività.
  1. ATTIVITA’ MISTA ( EFFUSIVA – ESPLOSIVA )
    • Eruzioni di tipo vulcaniano: sono caratterizzate da un meccanismo simile allo stromboliano solo che la lava in tal caso è molto più viscosa e il “tappo” è molto più spesso per questo l’eruzione è più forte.
    • Eruzioni di tipo pliniano o vesuviano: sono caratterizzate dall’estrema violenza dell’esplosione iniziale e i gas escono a velocità elevatissime formando delle colonne che avanzano verso il cielo per chilometri e chilometri.
    • Eruzioni di tipo peléeano: sono caratterizzate dall’emissione di lava ad altissima viscosità e a temperature relativamente bassa ( 600-800°C ). Dall’eruzione si sprigionano grandi nuvole di gas e vapori caldissimi che portano in sospensione molte ceneri.

QUELLO CHE ESCE DA UN VULCANO: GAS, LAVE, PIROCLASTI
Materiali aeriformi ( gas e vapori ) e materiali solidi ( rocce effusive, cioè derivate dalle lave, e piroclastiti ) sono tipici prodotti dell’attività vulcanica.
La natura dei materiali aeriformi non è ancora completamente nota a causa della difficoltà di campionare materiali che si liberano e immediatamente si mescolano con i gas dell’atmosfera. Comunque sappiamo che i prodotti più abbondanti sono il vapor d’acqua, l’anidride carbonica, lo zolfo, l’azoto, il cloro e il fluoro.
I materiali solidi prodotti dall’attività vulcanica sono, invece: le colate di lava ( o, più esattamente, le rocce effusive cui le lave danno origine per raffreddamento ) e le piroclastiti, che si formano per l’accumulo di frammenti solidi di varie dimensioni e natura, espulsi da un vulcano nella fase esplosiva della sua attività.

ALTRI FENOMENI LEGATI ALL’ATTIVITA’ VULCANICA
Nell’attività vulcanica l’acqua e spesso presente in abbondanza, sia per la fusione di neve che ricopra eventualmente la sommità del vulcano, sia per la presenza di un lago che occupi il cratere. Per questo quando erutta un vulcano i detriti piroclastici assorbono acqua fino a diventare scuri e instabili e si trasformano in colate di fango, chiamate lahar.
Altri fenomeni legati all’attività di un vulcano sono quelli che ne caratterizzano le fasi tardive. Questi sono: i vulcanetti di fango, in cui i gas emessi sembrano far ribollire le acque o il fango accumulati in laghetti, le fumarole, emissione di gas e vapori caldi e le moféte, emissioni di acqua e anidride carbonica.

IL VULCANISMO EFFUSIVO: BASALTI DALLE DORSALI OCEANICHE E DAI PUNTI CALDI
La manifestazione più imponente di vulcanismo effusivo avviene sott’acqua ed è associata ad una serie di profonde fessure che tagliano l’intera crosta e che segnano l’asse delle dorsali oceaniche. Se i materiali eruttati ( basalti ) si trovano a notevole profondità, la lava fluisce tranquillamente dalle fessure e si consolida con le tipiche strutture “a cuscini”. Se però l’eruzione sottomarina avviene, a profondità moderata la lava può accumularsi e l’edifici inizialmente sottomarino può arrivare ad emergere dal mare. Uno degli esempi più studiati di vulcanismo effusivo è quello delle isole Hawaii . L’origine di tali edifici è, però, associata all’attività di un “punto caldo”. Quest’ultimi sono zone ristrette della superficie terrestre caratterizzate da vulcanismo attivo persistente da milioni di anni

IL VULCANISMO ESPLOSIVO: ESPLOSIONI E NUBI ARDENTI
Quando il magma che risale è molto viscoso e ricco di gas si verifica un esplosione fortissima e si forma una nube ardente, ossia, una densa sospensione ad alta temperatura di gas, vapori e frammenti solidi, che sale verticalmente a gran velocità per migliaia di metri. Quando questa nube perde energia e i gas si disperdono, la colonna di materiale solido ( polveri, ceneri e lapilli ) ricade sul vulcano ( nube ardente ricadente ) e scorre velocemente lungo le sue pendici, formando estese colate piroclastiche prima di arrestarsi e di originare un accumulo di piroclasti.

LA DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI VULCANI
In modo molto schematico si possono distinguere tre diverse situazioni geografiche cui risultano associati i fenomeni vulcanici:
  • vulcanismo lungo le dorsali oceaniche: un vulcanismo perlopiù sottomarino, anche se è possibile vederlo in superficie lungo le coste Islandesi ed è costituito da grandi colate di lave basaltiche.
  • vulcanismo lungo il margine di un continente o lungo catene di isole: è caratterizzato da vulcani altamente esplosivi di cui prodotti sono di natura da intermedia (o neutra) ad acida.
  • vulcanismo in centri isolati (“punti caldi”)
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giovedì 16 giugno 2011

Filosofia - Kierkegaard

Il suo pensiero si caratterizza come rifiuto dell'hegelismo e come forma di esistenzialismo. Infatti egli contrappone allo spirito di Hegel un pensiero che rivendica i caratteri dell'uomo visto nella sua individualità ed eccezionalità. Sulla sua tomba c'è scritto "quel singolo". Per K. la verità che ci interessa è la nostra singola verità. Abbiamo così un tema del singolo, non presente in Hegel, che aveva costruito un sistema filosofico dove non c'era posto per l'uomo.
Per K. la categoria dell'esistenza è la categoria della possibilità e la vera dialettica della vita è quella dell'aut-aut. Esistere significa trovarsi davanti a delle scelte di cui l'uomo non ha alcuna garanzia. Da quì il senso di insicurezza, la cui soluzione può essere ricercata solo in Dio e nella fede, che è una scommessa. Egli è stato definito "genio solitario" e "poeta cristiano". Heidegger scrive di lui che: "non è un pensatore, ma uno scrittore di cose religiose". Nonostante ciò è un filosofo, in quanto introduce il tema del singolo. Come sostiene Chiodi, in K. ci sono alcune riflessioni che influenzeranno la ragione positivista.
Prima caratteristica di K. è l'aver ricondotto tutta la filosofia alla comprensione della categoria dell'esistenza intesa come possibilità, mettendone in luce il carattere negativo. Ogni possibilità è infatti tanto possibilità-che-si, quanto possibilità-che-non. Per K. condizione dell'uomo è quella della nullità, per questo è considerato discepolo dell'angoscia. Infatti egli afferma di essere "cavia d'esperimento per l'esistenza". Ci parla del "punto zero" come carattere di indecisione permanente dell'uomo, chiamato a fare delle scelte non garantite. Per K. vi è l'impossibilità di riconoscersi come unica possibilità.
Seconda caratteristica è di chiarire le possibilità fondamentali che si offrono all'uomo di chiarire i possibili stadi esistenziali.
Terza caratteristica rigurda il ruolo assunto dalla fede, considerata un paradosso, l'ancora di salvezza per superare lo stato di angoscia e nullificazione che caratterizza l'uomo.
Per K. la caratteristica della soggettività, anche in quanto il singolo è superiore al genere, valore testimoniato dal cristianesimo.
Egli individua tre stadi esistenziali: estetico, etico e religioso. Il primo ha come simbolo "il seduttore" (carpe diem), che non fa scelte; il secondo "il buon marito, padre di famiglia", il terzo "Abramo". I tre stadi non vanno visti da un punto di vista cronologico in quanto tra loro vi è una rottura che li pone in posizioni diametralmente opposti. Se ne parla nel primo libro dell "aut-aut", dove vengono individuati i due possibili stadi esistenziali, estetica ed etica.
Vita estetica: è la forma di vita che consiste nell'attimo fuggevolissimo e irripetibile; l'esteta è colui che vive al contemo di immaginazione e riflessione; è dotato un senso finissimo, è colui che vuole godere attimo per attimo. L'esteta è colui che non programma la vita perché non vuole fare alcun tipo di scelta. Il limite di questo stile di vita è che l'esteta è un eterno annoiato.
Vita etica: il padre di famiglia è colui che vuole affermare il dominio di sé, se dovere, della felicità, della libertà per cui l'uomo si pone degli obiettivi e si afferma realizzando dei progetti: è colui che diviene quello che vuole divenire, è colui che determina la propria vita. La scelta di sé stesso è una scelta assoluta perché è la scelta della libertà. Il limite di questa scelta è la quotidianetà.
Vita religiosa: Abramo è cavaliere della fede, colui che riceve da dio l'ordine di uccidere Isacco e di infrangere la legge etica per cui ha vissuto. Egli è l'eroe della fede, si trova solo con sé stesso in una situazione di dramma e di scelta tra l'essere buon padre di famiglia o buon uomo religioso. La scelta tra i due principi non può essere facilitata da nessuna regola. L'uomo che ha fede come Abramo seguirà l'ordine divino, a costo di rompere totalmente con una norma etica. A differenza di Agamennone che sacrificherà Ifigenia, ma con l'approvazione del popolo, egli compiendo l'atto dal popolo sarà giudicato e condannato, rimanendo comunque solo. La fede che salva Isacco e Abramo è una certezza angosciosa, un rapporto privato di Abramo con l'assoluto.
La fede, per K. è un paradosso, una scommessa angosciosa, per la quale non siamo garantiti. L'uomo deve scegliere, credere o non credere in Dio. La vita religiosa è nelle maglie di questa contraddizione inesplicabile. Ma, oltre che scommessa e paradosso, la fede è anche dubbio, e va considerata diversamente dalla fede istituzionalizzata di tutte le chiese.
L'angoscia.
L'esistenza come possibilità e il punto centrale di tutte le sue opere. Nel concetto dell'angoscia, questa situazione, è chiarita nei confronti del rapporto dell"uomo con il mondo; nella "malattia mortale" l'angoscia è da considerarsi nei confronti del rapporto dell'uno con sé stesso. L'angoscia è la condizione generata nell'uomo dalle possibilità che caratterizzano l'angoscia stessa. Essa è il fondamento dello stesso peccato originale ed è strettamente connessa col peccato. K. dice che "l'angoscia abita porta a porta con noi, ed è collegata al principio dell'infintà del possibile", per cui "nel possibile tutto è possibile". Ogni possibilità favorevole per l'uomo è annientata dal numero infinito di possibilitàb sfavorevoli.
Disperazione e Fede.
La disperazione è la condizione in cui l'uomo è posto dal possibile, che si riferisce alla sua stessa interiorità, al suo "io". Se l'angoscia riguarda il rapporto dell'uomo con il mondo la disperazione riguarda il rapporto dell'uomo con se stesso e con la sua personalità. Angoscia e disperazione sono legate ed opposte tra loro. La disperazione è definita come malattia mortale, perché significa vivere la morte dell'io. La fede è la eliminazione della disperazione, è la condizione in cui l'uomo non si illude sulla sua autosuffucenza, ma riconosce la sua dipendenza da Dio.

mercoledì 15 giugno 2011

Greco - Teocrito - In breve

T., maggiore esponente della poesia bucolica e maggior ispiratore di virgilio, da una estrema centralità alla figura del pastore.
Tra i più importanti dei suoi 16 idilli ricordiamo il I che si intitola Tirsi e parla di un pastore con il compito di celebrare la morte di Dafne, semidio inventore della poesia bucolica, narrandone il contesto. ll III è una serenata d'amore davanti a un chiavistello, "paraclausitiuron", il VI e l'XI sono dedicati all'amore tra Polifemo e Galatea, nel primo lui la ama e lei lo respinge, nel secondo l'inverso. Nel VII idillio, Teocrito esprime la sua poetica parlando delle Talisie, feste in onore di Demetra, nel periodo della trebbiatura. In quest'opera vi è l'incontro di due pastori che si sfidano a un duello di canto (alterco). Al vincitore viene dato un bastone, simbolo del mondo bucolico. Questo dono simboleggia la nascita di un nuovo genere, l'euretes di cui T. Si ritiene l'inventore. Importante è il concetto di ausiuchia, ovvero la tranquillità interiore (atarassia dell'epicureismo/ pateia dello stoicismo). Il II idillio è in mimo, dal titolo "le incantatrici", si basa su un rito magico: la protagonista è Simeta che, con un incantesimo, vuole ricondurre a sé l'uomo amato (medea, saffo e circe). Il IV mimo si richiama all'amore di Cinisca, giovane fisicamente malato ed innamorato di una donna che ama un altro uomo. Il XV mimo è il più importante e si chiama "le Siracusane", protagoniste sono due donne di Siracusa che vivono ad Alessandria, Gorgo e Prassinoe. Il mimo è suddiviso in tre scene: la prima si svolge in casa di Prassinoe che riceve la visita di Gorgo. Le due, preparandosi per andare alla festa di Adone, criticano i propri mariti, perché le hanno costrette a vivere lontano. Alla discussione è presente anche il figlio di Prassinoe, Zopino (inizio del III libro delle Argonautiche). La seconda scena vede le due donne immerse nella folla della metropoli di Alessandria. La terza scena si svolge nel palazzo reale dove le due donne discutono sulla tappezzeria e vengono rimproverate. I mimi Teocritei hanno un tono borghese, drammatico e dialogico, quasi da commedia.

mercoledì 25 maggio 2011

Greco - Luciano di Samotasa

Fu l'esponente più imporante della Neo-sofistica, anche se successivamente ne rinnegò l'appartenenza. Scrisse un romanzo con la stessa trama delle Metamorfosi. Dal punto di vista biografico sarà caratterizzato dalla sua vivacità intellettuale e dalla varietà dei suoi interessi. Ebbe un rapporto molto critico con la neo-sofistica in quanto benché inizialmente ne fu un seguace entusiasta, successivamente se ne allontanò sostituendo agli interessi retorici quelli filosofici. 

Cenni biografici.
Nacque intorno al 120 d.C. a Samosata, capoluogo della Commagine in Siria. Di famiglia modesta, diventato grande, i genitori, non avendo i mezzi economici per farlo studiare, lo mandarono ad imparare a lavorare il marmo nella bottega dello zio; quest'esperienza durò pochissimo perché ruppe un costoso pezzo di marmo. Picchiato dallo zio si addormentò e sognò l'Eloquenza e la Statuaria personificate: ciascuna delle due gli prospettò i vantaggi che avrebbe potuto conseguire scegliendola: scelse l'eloquenza e cominciò da subito a dedicarsi anima e corpo ad imparare lingua e letteratura greca, e soprattutto il dialetto attico. 
Intraprese, dunque, la carriera di retore itinerante spostandosi in varie città: fu in Asia Minore, in Italia, in Antiochia, in Gallia e ad Atene. Ebbe numerose cariche pubbliche. Conobbe a Roma il filosofo Nigrino. Mori' nel 180 d.C. a causa di una muta di cani che lo sbranò perché definito dai contemporanei l'erede del fuoco di Satana.

Le Opere di Luciano.
La sua produzione è in prosa ed è costituita da 80 scritti. Gli scritti retorici appartengono al periodo in cui Luciano esercitò la professione di retore itinerante; questi scritti sono degli esercizi su argomenti frequenti, in cui emerge la sua maestria verbale. Una di queste opere è il "tribunale delle vocali" che parla di una querela intentata dal sigma contro il tau per appropriazione indebita davanti al tribunale, in quanto negli autori attici il tau aveva occupato abusivamente il posto che spettava al sigma. In tutti questi scritti emergono gli elementi tipici dell'arte di Luciano:
1) l'opposizione dialettica di opinioni opposte (dissoi logoi della sofistica);
2) presenza di un'ironia molto intelligente,sagace;
3) stile chiaro e gradevole;
4) vivace umorismo.
Tra gli scritti di polemica filosofica e religiosa emerge il "due volte accusato": la retorica e il dialogo platonico intentano un processo a Luciano; la retorica lo accusa di averla abbandonato, il dialogo platonico lo accusa di aver distrutto la sua serietà inserendo al suo interno la satira. Luciano ammette di aver abbandonato la retorica in quanto non era più una donna onesta come ai tempi di Demostene, ma se ne andava in giro tutta truccata come una prostituta; sostenne anche di averla sostituita con la filosofia, la quale non era più quella del tempo antico e per questo ha avuto la necessità di adoperare il dialogo platonico, per approfondire le sue indagini sulla filosofia. 
Altro scritto rilevante è il "simposio" dove savrebbe analizzato, con spirito dissacratore, la degenerazione della filosofia; nel simposio, che è una parodia del simposio di Platone, l'autore ci racconta di un banchetto di nozze al quale presero parte i rappresentanti di tutte le maggiori scuole filosofiche che purtroppo rovinarono l'allegra festosità del banchetto. 
Altra opera è "vite all'incanto" in cui Luciano immagina che Zeus venda all'asta i maggiori rappresentanti delle scuole filosofiche; ognuno di questi ha preteso di dare le direttive in base alle quali ognuno di noi dovrebbe vivere. Il seguito di quest'opera è intitolato il "pescatore" e narra che Zeus avesse fatto ritornare sulla terra i filosofi che erano stati venduti per vendicarsi di un certo Parresiade, colui che non ha peli sulla lingua (si trattava di Luciano stesso); Parresiade si difese davanti alla filosofia dimostrando che i capi delle correnti filosofiche non erano altro che disonesti ciarlatani colpevoli di aver avvilito, a scopo di lucro, l'insegnamento degli antichi maestri; è così che Parresiade viene assolto e gli viene dato il compito di pescare i vecchi filosofi dall'alto dell'Acropoli di Atene. Il dialogo che, con Platone, era stato l'elemento dell'eccellenza del discorso filosofico, con Luciano, diviene l'arma prediletta per ridicolizzare gli avversari: non solo i filosofi ma anche i falsi religiosi. 
Poi, nella "morte di Peregrino"; Luciano ci narra di un filosofo cinico che aveva delle simpatie per il cristianesimo; questi, per manifestare dissenso nei confronti dei costumi del tempo, miste in scena uno spettacolare suicidio in piazza facendosi bruciare vivo pubblicamente; Luciano vede in questo suicidio una manifestazione di fanatismo intollerabile. 
Il "Nigrino" è ispirato ad un omonimo filosofo neoplatonico che aveva cercato di convertire Luciano alla sua filosofia; nel Nigrino, Luciano, inserisce un'esaltazione della nobiltà intelletuale e culturale di Atene contrapponenadola alla rozzezza dei romani; qui emerge il secolare scontro fra le due letterature. 
Le opere più famose di Luciano sono delle raccolte di dialoghi: 26 dialoghi degli dei, 15 dialoghi marini, 15 dialoghi delle cortigiane e 30 dialoghi sui morti. I primi due gruppi sono estremamente scorrevoli e ci rappresentano gli dei come li descriveva Callimaco, cioè estremamente umani, colti nella loro vita quotidiana. In uno di questi abbiamo la scena del pomo della Discordia in cui le tre dee iniziano ad azzuffarsi come donnette di poco conto mentre le ninfe non fiatano. Descrive la donna come Menandro descriveva le Eteree nella commedia senza, però, alcun approfondimento psicologico. Nei dialoghi dei morti torna la satira moraleggiante; quest'opera è famosa perché vi vengono criticati i falsi miti dell'esistenza umana come la ricchezza, il potere e la fama; il personaggio più importante è Menippo di Gadara che, sceso nell'Ade, non salva nessuno, né Mida né Creso, non salva l'eroe più bello, Nireo, perché non c'è differenza tra il teschio di Nireo e quello di Tersite; "sciocchi furono coloro che mossero guerra contro Troia per colpa di Elena". Il tempo ha fatto si che la fulgida bellezza di Elena passasse. 
Nella produzione di Luciano abbiamo anche operette di contenuto vario.
La I operetta si intitola "Come si deve scrivere la storia": è un trattato in forma di epistola che spiega come si deve scrivere la storia senza cadere in adulatorie esagerazioni come, secondo l'autore, fece Polibio.
L'altra operetta si intitola "Storia vera": opera in due libri di puro divertimento, descrive le avventure fantasiose del protagonista-scrittore. La terra, il mare, il mondo dei vivi e quello dei morti e perfino il ventre di un cetaceo mostruoso, cioè una balena, fanno da sfondo alle mirabolanti avventure del protagonista sempre in movimento ma senza una meta precisa. Questa e' un'opera di pura fantasia.
La terza operetta è "Lucio o l'asino" romanzo che narra le avventure di Lucio trasformato in asino. Sia Apuleio che Luciano si sono ispirati al romanzo perduto "Le metamorfosi" di Lucio di Patre.

Pensiero e stile di Luciano.
A Luciano si deve la creazione di un nuovo genere di dialogo, che seppe unire in modo singolarmente piacevole i contenuti del pensiero filosofico all'umorismo della commedia e servì per denunciare, con intelligente arguzia, molti degli aspetti negativi della vita e della cultura del tempo. La distruttrice ironia dell'autore non risparmiò nessuna manifestazione della debolezza umana; ma criticò soprattutto le mistificazioni dei falsi maestri e dei falsi filosofi, nel tentativo di limitare il diffondersi di un dogmatismo che la sua mente razionale non poteva accettare. Egli non accettò mai completamente il pensiero di nessuna scuola, fedele ad uno scetticismo di fondo che scaturiva naturalmente dal suo ingegno mobile e vario. Dotato di un'ironia beffarda e corrosiva, di uno spirito e versatile e di un'eccezionale sensibilità linguistica, poltre che di una sconfinata cultura, spaziò con un felice eclettismo da Omero ad Esiodo, da Euripide ad Aristofane, da Erodoto a Tucidide, a Platone trovando spunti per i suoi dialoghi.

martedì 24 maggio 2011

Greco - Polibio

Scrive in greco xo' si occupa della storia di Roma. Matura un'esperienza politica ke gli permette di far vita ad una storia pragmatica. Nasce a Megalopoli in Arcadia tra il 205 e il 203 a.C. da una famiglia importante del luogo ke vantava tradizioni politike. Si forma una vasta esperienza soprattutto x le questioni strategiche e la tattica militare. In Gracia c'era la lega achea,alla quale aderì Polibio,ke vlv opporsi prima all'ingerenza macedone e poi al dominio romano;in questo lega ci sn xo' due partiti uno filoromano e l'altro più cauto ke vlv aspettare ke terminasse il conflitto tra la Macedonia e Roma. Lucio Emilio Paolo generale romano nel 168 a.C. sconfisse la Macedonia molti greci furono fatti ostaggi e tra questi c'era Polibio. In questo periodo prese piede la famiglia degli Scipioni a cui era legato Lucio Emilio Paolo. Il primo circolo in ambiente romano fu quello degli scipioni nel quale Polibio(e anke Panezio) fu animatore e ke naturalmente porto' la cultura ellenica nel mondo latino. Polibio ritorno' in Grecia sl saltuariamente xke comincio' ad accompagnare il suo amico Scipione nei suoi viaggi. Polibio volle addirittura ripercorrere il passaggio delle Alpi di Annibale. Polibio assistette alla distruzione di Cartagine del 146 a.C. e nello stesso anno alla distruzione di Corinto,quando la Grecia diventa provincia di Roma e Polibio diventa mediando riducendo le dure condizioni da pagare riguadagnadosi la riconoscenza dei connazionali. Assistette a Roma alla guerra dei gracchi. Mori' intorno al 124 a.C. L'opera principale di Polibio si kiama Storiae ed in 40 libri così suddivisi. Nei primi due libri c'è un sorta di esposizione preliminare a tutti i fatti ke narrerà. Si kiama questa esposizione Prokateskeue. Lui si propone di narrare i fatti ke vanno dalla prima guerra punica fino al 220 in modo da riallacciarsi alla narrazione di Timeo di Taormina (storico siciliano). Polibio si propone di fare un'indagine globale dei fatti accaduti nn sl a Roma e in Grecia ma in tutto il mondo allora conosciuto e definisce la sua opera un racconta della storia universale. I libri dal 3 al 5 comprendono le vicende della seconda guerra punica fino alla sconfitta di Canne. Il sesto libro e' una sorta di pausa nella narrazione in cui analizza la costituzione romana. I libri dal 7 all'11 ci raccontano le vicende fino al 146 a.C. Il libro 12 e' un'altra pausa nella narrazione e costituisce l'analisi critica dell'opera di Timeo. Dal 13 libro fino al 40 la narrazione non subiva più interruzioni così come succedeva negli altri;xo nel 24 libro c'è una sorta di digressione geografica. Il 40 e' una sorta di riepilogo di quello ke ha raccontato cn un quadro cronologico. I filologi e i critici dibattono sulle modalità in cui sia stata composta l'opera;c'è ki parla di tre fasi xke a mani a mano ke rima assoggetteva nuovi popoli l'opera veniva modificata. Egli vuole sottolineare l'ascesa e l'affermazione fulminea di Roma avvenuta in 53 anni(collegamento cn Il 13 canto del paradiso di Giustiniano). Questa esaltante ascesa di Roma viene resa più forte xke paragonata alla breva durata del dominio macedone e alla fragilità dell'Impero persiano. Linguaggio di Polibio E' quello della koinè dialektos,linguaggio tecnico e monotono della cancelleria,e' il linguaggio della burocrazia;nn vuole essere l'artefice della parola ma l'interprete dei fatti. Dalle storie polibiane si racavavano dei riassunti( epitomi). Caratteristiche della storiografia Il suo centro di interesse e' Roma;si rende conto che il mondoe' cambiato xke l'innaristabile avanzata delle armi di Roma ha fatto in modo che il mondo alllora conosciuto avesse un nuovo assetto. Roma con le sue armi ha unificato il mondo. Polibio dice ke se prima le vicende storiche erano slegate tra loro adesso grazie all'opera unificatrice di Roma sono interdipendenti. Egli vuole ke venga rinnovata la concezione storiografica ke deve tendere all'universalita' e nn al particolare. Polibio si differenzia dalla storiografia ellenistica ke ruotava intorno ad Alessandro Magno xke egli rifiuta il pathos,gli effetti drammatici,gli artifici retorici e basa la sua analisi sulla realtà oggettiva attraverso un linguaggio nudo e scarno. Nel libro XII espone i principi del suo metodo storiografico:1)analisi attenta del materiale a sua disposizione;2)esposizione chiara e lineare senza fronzoli retorici;3)indagine sulle cause immediate e remote degli avvenimenti.un metodo definito dallo stesso Polibio pragmatico. Polibio per condurre questa analisi oggettiva si serve di altri elementi:studio e critica delle fonti;conoscenza diretta dei luoghi;esperienza politica infatti faceva parte della lega achea.il suo metodo deve mirare alla verità e la storia deve avere un fine didascalico xke la conoscenza di ciò ke e' già accaduto rende più solide e fondate le previsioni per il futuro. A Polibio nn interessa la psicologia umana ke invece era stata oggetto di studio in Tucidide. A Polibio stanno a cuore l'analisi della natura dello stato e delle istituzioni.

Latino - Le Opere di Agostino

Le "Confessiones" sono in 13 libri e sono state composte tra il 397 ed il 398. Per Agostino il titolo ha un valore religioso: egli confessa la sua fede (confessio fidei) in un dio buono ed onnipotente, che solo è degno di lode (confessio laudis), da parte dell'uomo peccatore (confessio peccatorum). Non abbiamo un'autobiografia nel senso comune del termine, ma abbiamo la testimonianza di una inquieta ricerca della felicità e della verità che passa dal manicheismo, alla neoaccademia, al neoplatonismo, arrivando al cristianesimo. Nel libro I, Agostino rievoca i suoi primi 15 anni, dai giochi della fanciullezza agli studi, ad un certo punto ci racconta dei pianti versati sull'Eneide a causa di Didone e l'odio per la lingua greca. Nel II libro, rievoca l'inquieta adolescienza a Tagaste e Madauro, episodio emblematico è quello del furto delle pere: Agostino si rende conto di aver rubato per il gusto di aver fatto qualcosa di proibito. Il III libro parla del periodo cartaginese, dai 17 ai 19 anni, rievocando gli studi. Gli amori, le avventure goliardiche, la lettura dell'hortentius ciceroniano e l'incontro con il manicheismo. Il IV libro parla dei suoi primi anni di insegnamento a Tagasta e Cartagine, il V racconta il suo recarsi a Roma e Milano e la sua fase scettica (nuova accademia). Nel VI libro si sentono le prediche di Ambrogio e l'acuizione della sua crisi spirituale. Il VII ci parla del suo accostamento al neoplatonismo e poi della sua adesione al Cristianesimo. Nell'VIII abbiamo il racconto dei colloqui a Cassiciacum con i suoi amici e familiari più stretti; Agostino sente una voce che gli diceva: "Tolle lege" prendi la legge, si trova davanti una bibbia ed aprendola il segno è alla conversione di San Paolo. Il IX libro parla del suo battesimo, del soggiorno ad Ostia e la morte della mamma. Il libro X è una riflessione sul valore della memoria "da quod iubes et iube quo vis" (concedi ciò che comandi e comanda ciò che vuoi). L'XI libro si sofferma sul concetto della creazione e su quello del tempo. Il XII è un'esegesi della genesi, ed Agostino sostiene che ogni parola può avere più significati. Nel XIII libro Agostino sostiene che nell'uomo sarebbe rispecchiata la trinità, in quanto l'uomo è, conosce e vuole (esse, nosse et velle). Si conclude con l'invocazione alla pace nel sabato senza tramonto, della vita eterna.
Agostino ha voluto meditare sulla presenza misteriosa di dio (convresione dell'innominato di Manzoni) che egli stesso ha sperimentato nella propria vita, nei libri dall'I al IX, in sè stesso, nel libro X, e nel mondo, nei libri dall'XI al XIII.
Lo stile si caratterizza per questa singolare commistione tra linguaggio biblico e lingua letteraria: ne risultano pagnine ricche di figure retoriche tra cui spiccano le anafore, le enumerazioni, gli asindeti, gli ossimori. Agostino soteneva: "pur amando la felicità temevo di cercala dov'era; eppure fuggendola la cercavo", "amans beatam vitam timebam illam in sede sua et ab ea fugiens quaerebam eam". Notevole è, nelle confessiones, la capacità di introspezione, resa spesso con l'accumulo di esclamazioni ed inteerogazioni. Notevole anche l'alternanza dei tempi dal lento al patetico, dall'animato al silenzioso: ampi sono i giochi ritmici e fonici. Troviamo espressioni bizzarre, emblematiche del suo modo di scrivere (la mano della mia bocca, le orecchie del mio cuore).

Nell 410 i Visigoti di Alarico saccheggiarono Roma. Questo fatto rinfocolò le polemiche anticristiane degli ambienti pagani che attribuivano al cristianesimo la responsabilità della decadenza dell'impero romano. Agostino, quindi, scrisse i 22 libri del "de civitate Dei" tra il 412 ed il 427. Dividiamo l'opera in due parti: i libri dall'I al X sono apologetici, di difesa dalle accuse pagane, quelli dall'XI al XXII rappresentano la parte costruttiva dell'opera, in quanto Agostino parla delle due città, quella di Dio e quella terrena. L'idea centrale è che gli uomini di ogni epoca e cultura fanno parte di due diversi e opposti tipi di città: quella di Dio e quella terrena. Gli abitanti della prima obbediscono alla volontà di Dio, gli abitanti della seconda pongono ogni loro egoistica speranza nella vita terrena: una distinzione del genere è ovviamente spirituale. Agostino non identifica le due città con Chiesa e Stato, infatti sostiene che anche nella chiesa esistono le due città, come nello stato.
Per Agostino l'importante è che il cristiano applichi una scala di valori per la quale ponga Dio al primo posto, mentre le opere dell'uomo su questa terra, pur utili e necessarie, sono tuttavia impalcature provvisorie. Le due città superano ogni barriera politica, raziale e linguistica. Contro ogni nazionalismo ed in polemica contro le pretese universalistiche dell'impero romano, Agostino, insiste sull'effettivo universalismo della città di Dio. Il XIV libro è dedicato alla pace, presentata come un valore, ma non tale da sacrificarlo alla giustizia, perché la pace senza giustizia è sopraffazione. C'è quindi il rifiuto del nazionalismo romano, secondo cui roma avrebbe il compito di reggere un "imperium sine fine" e "de pascere subiectis et debellare superbos": l'insistenza ricca, la libido dominante, la sete sfrenata di potere, propria dei romani e la svalutazione della virtus attribuita ai romani antichi dalla tradizione, si intendono in quanto Agostino reagisce alle accuse anticristiane che hanno sollecitato l'opera, opponendovi l'idea-base che tutto ciò che non mira ai valori eterni è caduco. Il libro XIII è importante, perché dedicato al tema della morte, vista come un male conseguente al peccato, ma che porta a Dio, se accettata come atto di obbedienza alla sua volontà. Agostino trae il tema delle due città dalla meditazione della scrittura, soprattutto dai salmi. Questa opposizione, però, non è da intendere come disinteresse o ostilità verso lo stato da parte di Agostino, perché secondo l'autore il cristiano deve essere anche "buon cittadino".
Il "de civitate dei" è rivolto ad un pubblico dotto. Perciò i periodi sono complessi, ricchi di subordinate. Da notare è la ricerca della "concinnitas", cioè dell'espressione simmetricamente armoniosa, l'uso di figure retoriche ricercate (ironia, riferimenti e allusioni a scrittori profani, da Apuleio a Cicerone, a Livio, Sallustio, Varrone e Virgilio). L'andamento dell'opera è più solenne, lento, meno ricco di giochi di parole, antitesi, parallelismi, di quello più vivace delle confessioni, c'è meno autobiografica, il vocabolario è più colto, lo stile più sorvegliato.

giovedì 19 maggio 2011

Latino - Tacito

É, insieme a Seneca, il maggiore autore di età imperiale, il maggiore storigrafo del suo periodo, sintetizza tutte le esperienze che lo hanno preceduto (Livio, Sallustio, ecc.) e reinterpreta in modo originale metodi e schemi della traduzione storiografica precedente. Dopo di lui la biografia prenderà il sopravvento sulla storiografia. Questo per l'accentramento del potere politico nelle mani dell'imperatore. Vive sotto Traiano e Adriano.
Di Publio Cornelio Tacito non si conoscono né data, né luogo di nascita, anche se Plinio il Giovane lo definisce suo coetaneo e ci fa fissare la data della sua nascita tra il 55 ed il 58. Il luogo potrebbe essere Terni, perché ci sarà un imperatore nel -III sec. che si chiamava Tacito e si vantava di avere tra i suoi studenti uno storico, anche se questo nome era comune sia nella Gallia Cisalpina che in quella Narbonese. Fece politica sotto i Flavi e si pensa che fosse di condizione sociale elevata. Morì probabilmente intorno al 120. Rilevante tra le sue opere fu l'Agricola, opera in cui celebrava il suocero che non smise mai di fare politica, anche sotto gli imperatori più severi. T. ritiene che nei tempi duri in cui si viveva, piuttosto che opporsi all'imperatore senza ottenere nulla, è meglio servire lealmente lo stato. Egli, nei capitoli finali, quando descrive la morte di Agricola insinua, attraverso dei rumores, nel lettore il sospetto che questi sia morto giovane perché ucciso dall'imperatore Domiziano, invidioso dei suoi successi. Le notizie sulla vita del protagonista sono in ordine cronologico, parlandoci della famiglia, della patria, dell'educazione, ecc. facendo emergere gradualmente le sfumature del suo carattere. All'interno dell'opera vi è un excursus sui popoli della Bretagna, che anticipa la sua seconda opera, la "Germania". In questo excursus va ricordata la presenza di due discorsi contrapposti (cfr. Tucidide), uno di Agricola e l'altro di Calgaco, capoi dei Caledoni, tribù britannica contro cui stavano per scontrarsi i romani. Il più importante è quello di Calgaco che riprende in pieno quello dei Meli contro l'imperialismo ateniese nel V libro delle Historiae di Tucidide ed al quale si trova una risposta di Giustiniano nel VI canto del Paradiso di Dante. L'opera si conclude con una specie di epitaffio in onore dell'Agricola morto. L'opera è di grossa rilevanza storiografica, quasi una monografia, per via degli excursus, dei discorsi diretti, dei pochi riferimenti biografici, ecc.
Lo stile e duttile e vario, e si richiama a tutti gli autori precedenti.
Altra opera importante è "l'origne della regione dei Germani", di carattere etnografico. L'opera descrive i luoghi e gli abitanti enunciando dettagliantemente le rispettive caratteristiche. T. ci descrive i Germani, anche fisicamente, i loro mores (costumi),un po' come nel "dfe bello gallico" di Cesare, ci parla della loro organizzazione politica e militare, la loro religione, il funzionamento della loro giustizia, dei loro edifici, dell'abbigliamento, dei cibi, ecc. Le fonti di T. furono Cesare e Plinio il Vecchio e soldati che rientravano da quelle zone. L'interesse nei confronti dei Germani è dovuto alla volontà di confrontare tale popolazione con quella Romana. T. vuole criticare, esaltando la levatura morale dei Germani, la corruzione dilagante che regnava a Roma in quel periodo. Egli critica il fatto che le donne germaniche sono ancora assai pudiche, non escono, educano i propri figli, contrariamente alle donne romane (cfr. VI canto Inferno di Dante). Altra cosa che esalta è il sistema politico basato sulla libertas anche se, di tanto in tanto, serpeggia il disprezzo, il disgusto dell'autore per un mondo che era ancora così barbaro. Il grande acume di Tacito, è il fatto che egli sostiene che una popolazione con una tale levatura morale dovrebbe sottomettere Roma, ma non ci poterebbe riuscire per via delle discordie interne. Egli conclude con la speranza che le discordie durino a lungo.
Dialogus de oratoribus: è dedicato al tema della decadenza dell'oratoria. Probabilmente questo dialogo è ambientato nel 75 d.c. perché T. Sostiene che Vespasiano regna da sei anni. Il tema richiama Quintiliano, all'anonimo sul sublime, a Seneca Padre e a Petronio. L'ambientazione del dialogo richiama da vicino il "de oratore" di Cicerone. In una cornice sono riportati i discorsi di uomini politici o intellettuali sul tema in questione. I protagonisti sono uomini realmente vissuti: Marco Apro e Giulio II, i due avvocati più famosi del tempo, e Curiazio Materno (padrone di casa), senatore ed oratore che aveva abbandonato l'eloquenza per la poesia tragica, arriverà poi Vipstano Mestalla. Apro difende l'oratoria contemporanea e sostiene che nella sua età non c'è decadenza, bensì evoluzione, trasformazione, in armonia con il mutare dei tempi, ed allora ci voleva uno stile brillante, ricco di sententiae e di figure retoriche. Infatti, secondo Apro, anche Cicerone ai suoi tempi era stato considerato un'innovatore. Abbiamo, quindi, una difesa di quello stile moderno anticlassicistico ed anticiceroniano, rappresentato da Seneca e da Tacito stesso. Messalla ci parla di quelle che sono, secondo lui, le cause di questa decadenza dell'oratoria: trascuretezza dei genitori quando educano i figli, livello scadente della scuola, la futilità dei temi delle declamazioni. Materno (che sarebbe Tacito stesso) sostiene che il declino dell'oratoria ha delle cause politiche e lancia una suggestiva immagine: oratoria paragonata ad una fiamma che per bruciare e brillare deve essere alimentata! Nella repubblica questa fiamma veniva stimolata e alimentata dalla competizione politica, dai dibattiti in senato, dai discorsi davanti al popolo. Con la perdita della libertà politica si era persa anche la vera eloquenza. L'opera si conclude con Materno che sostiene che la grande eloquenza nasce dalla "Licenza" cui gli sciocchi danno il nome di "Libertà", essa non si sviluppa negli stati pacifici e ben ordinati, dove le decisioni sono prese da uno solo.
Le sue due opere maggiori sono storiografiche e sono: le "Historiae" e gli "Annales". Le Historiae sono dedicate alla dinastia dei Flavi, e raccontano gli anni dal 69 al 96. Negli Annales, T., voleva raccontare gli anni di Nerva e Traiano, che furono un po' più sereni. Durante la trattazione della prima opera, le historiae, il suo pessimismo aumentò tanto da portarlo a raccontare il periodo antecedente il 69, l'età Giuliocludia, dal 14 al 69 stesso. Tacito vuole vedere se la perdita di libertà politica aveva i suoi germi nel periodo Augusteo. Le historiae comprendono 14 libri e hli annales ne comprendono 16. Delle prime abbiamo i primi 4 libri e parte del quinto, dei secondi abbiamo i libri dall'1 al 6 e dall'11 al 16. La narrazione ha uno schema annalistico, anno per anno e scorre da Roma alle provincie e dalle provincie a Roma.
Le Historiae: nella prefazione T. dice che racconterà una impressionante sequela di atrocità, delitti, tradimenti, scandali e sconfitte. Descrive innanzitutto le vicende del 69, l'anarchia ed i tre imperatori che si uccisero a vicenda: Galba, Otone e Vitellio. Alla morte di Vitellio, Vespasiano prende il potere e da inizio alla dinastia dei Flavi. Questa dinastia consolida l'impero, ricordiamo l'assedio di Gerusalemme nel 70 da parte di Tito, con tanto di escursus sui giudei. T. descrive eventi topograficamente differenti e con un tipo di narrazione definita asimmetrica perché si sofferma sugli eventi che lui reputa più importanti.
Gli Annales si aprono con una breve prefazione in cui T. condanna nuovamente gli storici del principato. I libri dal primo al sesto sono dedicati sono dedicati al principato di Tiberio. Lo storico traccia nell'imperatore un processo di trasformazione dell'imperatore in tiranno. Gradualmente affiora la sua vera natura, crudele e viziosa. Sin dall'inizio spicca la capacità di simulazione di Tiberio. In questo ritratto, T. affianca al tiranno il suo figlio adottivo, Germanico, grande militare e per questo invidiato dal patrigno. Sulla morte improvvisa di Germanico, fa gravare sospetti di avvelenamento tramite rumores, voci, dicerie di palazzo, sospettando implicitamente Tiberio. Altra figura di rilievo in questa sezione degli annales è Seiano, individuo malgio e corrotto a cui Tiberio aveva dato grande potere. Alla sua morte affiora la crudeltà dell'imperatore. Questa parte si conclude con un epitaffio dove si ripercorrono gli stati della degenerazione di Tiberio.
I libri 11 e 12 si occupano di Claudio, sempre presentato come debole e incapace, dominato dai liberti e dalle mogli (Messalina e poi Agrippina). Le vicende private dell'imperatore dominano su quelle pubbliche.
I libri dal 13 al 16 sono dedicati a Nerone, la natura malvagia del personaggio si svela lentamente: a questa degenerazione si accompagnano i delitti dell'imperatore, come l'uccisione del fratellastro britannico, della madre Agrippina, la moglie Ottavia, la passione per Poppea. T. individua una data, il 59 come l'anno in cui Nerone toglie il freno alla sua degenerazione morale: comincia a dedicarsi a gare ippiche, musiche, canti, diventa megalomane. Altra data rilevante è il 62, in cui Afranio Burro more, Seneca si ritira e compare Tigellino, prefetto del pretorio. Da questo momento in poi verranno uccisi tutti i nemici dell'imperatore. Nel 64 viene incendiata Roma e la colpa viene data ai cristiani: inizia la prima persecuzione, nel 65 ricordiamo la congiura dei Pisoni, sventata con la morte di Seneca, Lucano e Petronio.
Centrali in tutte queste narrazioni sono i personaggi, imperatore e comparse.
Le fonti che sranno prese in considerazione da Tacito saranno non solo letterarie ma anche documentarie (come le sedute del senato, discorsi e lettere degli imperatori) e testimonianze orali. Nelle sue due opere, T., afferma di voler narrare i fatti con imparzialità (sine ira et studio, senza animosità né simpatia); in realtà ciò non avvenne. Quando di un fatto ci sono più interpretazione, Tacito le riporta tutte, senza prendere posizione e cita spessissimo dicerie e rumores. Ne scaturisce un racconto ambiguo e spesso tendenzioso, che si sofferma spesso di alcune cose piuttosto che su altre. Inoltre, al pari dei suo grandi antecendenti, Sallustio e Livio, formula severi giudizi di condanna sui lati negativi dei personaggi che ci racconta, è ostile nei confronti degli imperatori, anche per via delle sue fonti che erano filosenatorie. Dal ritratto degli imperatori esprime la sua concezione pessimistica della natura umana: dietro ogni azione T. vede le motivazioni più scure, gli aspetti più negativi. Tacito sostiene inoltre che nella storiografia c'è un impoverimento dei contenuti a causa del principato, quindi non ci sono più i grandi eventi militari e civili, ma quelli politici e morali: lo scadimento della classe senatoria, gli intrighi di corte, le lotte per il potere. La tendenza ad accentuare il moralismo di Sallustio resta presente ed è accentuata. Tacito, tuttavia, sostiene che il principato è necessario ed è causa ed effetto della decadenza dello stato, è quasi impossibile trovare un "princeps capax imperii" (capace di governare). La visione di Tacito è un climax ascendente di pessimismo: il principato sarà definito remedium, cua ad una malattia.
Il personaggio è al centro della narrazione, proprio come in Sallustio. I fatti dipendono dalla moralità del personaggio. T. é molto vicino alla biografia anche se, mentre Svetonio, che riporta le biografie degli imperatori, si sofferma più sui fatti privati, riportando anche le frivolezze, Tacito preferisce l'aspetto pubblico di ogni personaggio. In T. c'è una profonda ed acuta analisi psicologica per svelare le motivazioni interiori che hanno portato ad agire. Con Tacito giunge al suo apice la tecnica del "ritratto", che predilige le qualità e i difetti morali alla caratterizzazione fisica.
La storiografia di T. è di tipo drammatico, è come trovarsi davanti ad una tragedia in prosa, in quanto inserisce discorsi diretti, a volte inventati, altre rielaborati, ed indiretti, proprio per esporre considerazioni, commentie e giudizi. Lo storico da ampio spazio agli elementi patetici: descrizioni di morti tragiche, supplizi, catastrofi, morti laceranti; tutti questi elementi concorrono a conferire quel quadro cupo e fosco in cui si muovono i personaggi e Tacito stesso, profondamente pessimista.
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giovedì 12 maggio 2011

Italiano - Italo Svevo

Italo Svevo è uno scrittore europeo, in quanto su di lui influiscono tutte le culture europee, e soprattutto la significativa lettura analitica di Freud e Joyce che lo aiutarono in seguito al fallimento dei suoi primi due romanzi. È così che l'autore si avvicina al decadentismo. Svevo esalta un nuovo tipo di uomo, che non è più un superuomo, ma un inetto, un teorico, un vinto. Con Svevo nasce il romanzo psicologico in Italia.
UNA VITA
Ispirato al romanzo naturalistico di Zolà per quanto riguarda il realismo, ma con una netta prevalenza di analisi psicologica del protagonista che è disposto ad abbandonare il suo villaggio ed a lavorare in una banca da disadattato. Esempio di tale personaggio è Alfonso, rinunciatario della vita e vinto dalla vita stessa, non nel senso verghiano del termine, ovvero perdente in una lotta, ma come incapace di adattarsi alla vita: l'unica soluzione ai problemi di Alfonso sarà il suicidio.
SENILITÁ
È il secondo romanzo di Svevo e vede come protagonista Emilio Brendoni che, pur ereditando da Alfonso l'incapacità di vivere, riesce ad illudersi fino ad attribuire alla sua amante Angiolina qualità spirituali che non le appartengono, in quanto prostituta. Emilio può contare sul suo amico Bolli che gli da indicazioni circa la concretezza della vita e che giudica Angiolina per quella che è. Il romanzo non è più concepito come monologo interiore del protagonista (cfr. Alfonso in "una vita"), bensì come come un processo dialettico tra i personaggi, esempio possono essere: Emilio ed Amalia, estremamente introversi, con Angiolina e Bolli, solari ed estroversi. La "Senilità" non è cronologica, ma è uno stato d'animo patologico di chi concepisce come contemplazione, ricordo ed analisi, piuttosto che come azione, prassi. Emilio Brandoni non è solo il protagonista del romanzo, ma è il personaggio emblematico della concezione sveviana del mondo. La vicenda di Emilio è quella di un uomo frustrato: chiede ad Angelina di diventare sua amante solo dopo aver superato la sua timidezza grazie all'amico Bolli. Le vicende mettono in contrapposizione il carattere di sognatore del protagonista con quello scaltro di Angiolina, che nasconde il suo ambiguo gioco amoroso. Non basterà il realismo di Bolli ad aprire gli occhi ad Emilio che idealizza la sua amata, ma sarà necessaria la morte di Amalia per riportarlo alla realtà.
Rilevante, per quanto riguarda la struttura del romanzo, è l'uso del discorso indiretto libero, con un contrasto tra realtà oggettiva e soggettiva, mentre il linguaggio e lo stile sono antiletterari.
LA COSCIENZA DI ZENO
Rappresenta l'avvento del moderno nella letteratura italiana. Il filo conduttore del romanzo è la coscienza del protagonista, interpretata in vari modi: coscienza morale, consapevolezza e rapporto tra conscio ed inconscio. In quest'opera vi è una corrispondenza tra narratore e protagonista, non è, quindi, lo scrittore a narrare la vicenda di un personaggio, ma è lo stesso personaggio (Zeno) che si analizza, sottoponendo la sua autobiografia all'analisi della sua coscienza. Questo racconto mette in risalto una nuova scoperta, l'assurdo della vita: la malattia umana può essere eliminata solo con l'annullamento della vita. Zeno è un personaggio maturo che qualifica la vita come originale ed imprevedibile. Ha la consapevolezza di ciò che sia la vita e di cosa questa possa dare. Nasce quì l'ironia come mezzo di salvezza, in quanto utile ad autoconoscersi. Questo umorismo è l'espressione della saggezza di fronte alle ragioni dell'esistenza. Tutto il romanzo è una continua condanna alla società ed a tutta l'umanità che è colpevole di aver alienato l'uomo con l'industrializzazione e con numerose mistificazioni: per questo Svevo è definito demistificatore degli inganni della società borghese.

giovedì 28 aprile 2011

Storia dell'Arte - Argomenti ed Accenni

Neoclassicismo e Canova

Romanticismo:
Friedrich, Goya, Fussli,
Opere:"la zattera della Medusa" di Gericault e "La libertà che guida il popolo" di Delacroix

Realismo
Courbet "Gli spaccapietra" vuole far vedere la realtà nel suo aspetto più crudo.
(Movimento dei macchiaioli)
Manet: precursore dell'impressionismo non vuole appartenere a nessun gruppo perché vuole essere libero. Ama le larghe campiture, pennellate piatte ,stile bidimensionale personale.

Impressionismo: mostrano ciò che vedono a primo impatto e quindi c'è mancanza di contorni, ma un continuum di colori di ciò che viene visto a primo impatto. Mettono in risalto i colori primari :rosso giallo blu; secondari: arancio verde e viola;complementari:quando si accostano un primario con il secondario opposto tipo giallo-viola,blu-arancio e rosso-verde.
Monet colui ke incarna meglio l'impressionismo puro gli altri artisti come Renoir e Degas si discostano.
Renoir e' un amante dei piaceri della vita:feste banchetti e così via.
Degas si concentra sugli aspetti psicologici il suo e' un impressionismo introspettivo."Assenzio" sua opera più importante

Differenze tra Macchiaioli Coubert e Impressionismo
I Macchiaoli gruppo fiorentino realista e patriota influenzato dai parigini. Partono dalle premesse impressionistiche senza raggiungerlo xke sn molto legati al romanticismo. Giovanni Fattori e' il Macchiaiolo più avanzato.

martedì 12 aprile 2011

Greco - Plutarco

Famoso per le "vite parallele" e per i "moralia", operette filosofiche con tematiche varie.
Il genere biografico nasce ne IV sec. a.c. ad opera di Isocrate che compose una biografia intitolata "Evagora" (re di Cipro) e di Senfonte che scrisse un opera dal nome di "Agesilao" (re di Sparta). La biografia, partendo dalla descrizione della vita e delle imprese del personaggio, ne sottolinea l'importanza nella storia. Un contributo determinante alla formazione del genere biografico fu dato dal Peripato ed in particolare Teofrasto. In oltre i peripatetici introdussero la tecnica del parallelismo, ovvero del confronto di più personaggi. Di questa tecnica tenne molto conto P. nelle "vite parallele", come Cornelio Nepote nel "de viris illustribus" e Varrone Reatino nell'opera "imagines". P. ebbe presenti tutti questi modelli che si proponevano di dimostrare di poter competere con i Greci. Ora che Roma è già affermata e siamo in età imperiale, P. deve dimostrare il contrario: l'antica gloria dell'Ellade, per lui, non si è mai estinta, rispolverando i personaggi che avevano fatto grande la cultura greca. P. fu uno degli autori più amati del medioevo, dell'umanesimo e del rinascimento in quanto contore della classicità greca, superiore a quella latina.
P. nasce intorno al 50. d.c. A Cheronea in Beozia, dove si svolse la battaglia con cui Filippo il Macedone sconfisse i Greci nel 338. Crebbe in famiglia benestante ed ebbe un'ottima educazione, viaggiò e frequentò le migliori scuole del tempo, si fece conoscere ed ebbe importanti cariche politiche, anche a Roma. Superati i 40 anni tornò a Cheronea dove ricevette onori in quanto uomo integerrimo. Morì tra il 119 ed il 127.
Dividiamo le suo opere in due sezioni: storico biografica (vite parallele) e filosofica antiquaria e scentifica (moralia).
Le Vite Parallele sono 50 biografie di illustri personaggi del mondo greco e del mondo latino, ce ne è solo una dedicata ad uno straniero, Artaserse, figlio di Dario. Tra le più note ricordiamo Teseo e Romolo, Pericle e Fabio Massimo, Alcibiade e Coriolano, Demostene e Cicerone, Alessandro Magno e Cesare, Agesilao e Pompeo, poi alcune biografie isolate (su singoli personaggi) come quelle di Arato, Artaserse, Galba e Otone. Altre biografie illustri sono andate perse.
P. iniziava con cenni alla stirpe e agli antenati del protagonista, poi proseguiva col racconto della giovinezza e delle fasi di formazione della personalità, mettendo in evidenza i segni premonitori del carattere del personaggio, poi narrava la maturità, le imprese del protagonista ed infine la sua vecchiaia e la sua morte. Questo modo di redigere biografie sarà utilizzato anche per la agiografia cristiana (biografie dei santi). Per P. era importantissimo il carattere dei personaggi che descriveva.
I Moralia comprendono 80 operette, in forma di dialogo o dissertazione, raccolti in piccoli gruppi nel medioevo. La definizione di moralia è teoricamente improprio vista la vastità degli argomenti, ma si usa ugualmente vista la preferenza dei temi morali e filosofici. La suddivisione riguarda: scritti retorici (de fortuna, sulla sorte), scritti filosofici (de stoicorum repugnatiis), scritti etici (de cohibenda ira, cfr. de ira di Seneca), scritti pedagogici (de audiendis poetis, che analizza l'effetto della poesia sull'anima dei giovani), scritti politici (ad principem ineruditum, mira a sottolineare l'importanza della cultura classica per chi detiene il potere), scritti scientifici, scritti teologici, scritti di antiquaria e letteratura (comparatio aristofanis et menandri). P. con queste operette manifesta un vivi entusiasmo per ogni manifestazione dello spirito e della cultura. Nonostante le opere non fossero molto approndite sono apprezzatissime in quanto portatrici dei valori dell'antica grecia, come la filantropia.

giovedì 31 marzo 2011

Latino - Quintiliano

Scrive sotto i Flavi, stipendiato dallo stato. Lavora nella neonata scuola pubblica. Scrive "istitutio oratoria" in 12 libri. Oratore come per Cicerone "vir bonus dicendi peritus", parla di pedagogia. Il libro più importante è il 10, dove da un sintetico giudizio di tutti gli autori precedenti. Critica Seneca, e tutti i filosofi. Il poblema della decadenza sarà ripreso da Tacito nel "dialogus de oratoribus" ed è esplicato nel "de causis curruptae eloquentie". L'istitutio oratoria è. Una summa della retorica antica, secondo Q. le cause della decadenza dell'oratoria antica sono: cattivi insegnanti, nella scuola si dà toppo peso ad argomenti futili e fittizi (problema tecnico), degeneazione dei costumi che ha potato allo scadimento di gusto e stile (problema morale). Per Q. Cicerone è il culmine dell'oratoria antica, senza pensare al fatto che non si viveva più in democrazia. Per T. la causa della decadenza dell'oratoria sarà la mancanza di libertas. Quando ne 12 libro Q. parla del perfetto oratore, lo fa senza considerare il cambiamento dei tempi rispetto a quelli di Cicerone. Il Vir Bonus Dicendi Peritus secondo Q. è colui che sa antporre il bene pubblico a quello privato, quello che lavora per il bene dello stato. Ai tempi di Quintiliano lo stato si configurava con l'imperatore, quindi visto che il retore deve lavorare per lo stato, lo doveva fare per l'imperatore (finalità adulatoria). Q. è ambiguo perchè teorizza, nei fatti, la collaborazione tra oratore (politico, ridotto ad esecutore delle direttive imperiali) e regime assoluto.
Lo stile è abbastanza equilibrato, critica sia l'atticismo, per l'eccessiva semplicità, ma anche le tendenza arcaizzanti di alcuni autori latini (Apuleio), ma il suo bersaglio preferito sono i moderni ed il loro stile, fiorito, concettoso, riccon di sententiae, rappresentato magistralmente da Seneca. Q. definisce lo stile di Seneca "vitiosus et corruptus dicendi genus" (modo di parlare vizioso e corrotto), in quanto fa un uso eccessivo dell'ornatus (delle figure retoriche), infatti Q. sostiene che lo scopo dei nuovi oratori è semplicemente di delectare. Q. devia dal persuadere, che è il fine principale dell'oratoria, e critica lo stile imperiale in cui i "verba" contano più dei "res", dei contenuti (rem tene verba sequentur è la tesi opposta sostenuta da Catone il Censore). È pertanto lo stile di Q. un tentativo di ripresa di Cicerone, che rimane tuttavia influenzato dallo stile di Seneca. Sintasi meno ampia e distesa di quella di C. e con maggiore concentrazione di pensiero, rapidità.

lunedì 28 marzo 2011

Geografia Astronomica - Le Rocce

Aggregati naturali di minerali. Miscele eterogeee solide che nn presentano una composizione definita e regolare.

Eterogenee:costituite da più minerali

Omogenee:contengono un solo tipo di mineraleammasso che forma un’unità geologica indipendente

Non può essere descritta attraverso una formula e non ha un comportamneto fisicho-chimico costante eomogeneo.

Coerenti:rocce compatte

Incoerenti:frammenti separabili

Il riconoscimente di una roccia avviene tramite:struttura:l’insieme delle caratteristiche con cui si presentano i materiali che la compongono:aspetto, forma, dimensioni reali, relative, presenza di cristalli o minerali amorfi, forma dei cristalli. Composizione:viene espressa valutando la percentuale dei minerali presenti. (microscopio da petrografia-esame in luce polarizzata che attraversa il minerale e subisce un effetto di rifrazione )


Processi litogenetici:processi che generano le rocce

1)processo magmaticorocce magmatiche. Il magma è una miscela di sostanze allo stato fuso. Silicati, vapor d’acqua e gas si producono tra i 5 e i 200 km di profondità. Tali rocce si possono formare in seguito al raffreddamento e alla solidificazione del magma. (processo endogeno)la lava è un magma privo di gas.

Struttura:dipende da: 1)raffreddamento:se lento favorisce l’accrescimento di cristalli xchè il magma ha il tempo di ogranizzarsi in strutture cristalline; se rapido porta alla formazione di strutture vetrose xchè le particelle si fermano bruscamente e non riescono a disporsi in modo ordinato. 2)quantità di gas disciolti nel magma:una maggiore quantità di gas permette la formazione di cristalli + grossi xchè facilitano il movimento degli ioni e delle molecole e la loro aggregazione nei reticoli cristallini. I gas mantengono il magma. + fluido e + mobile durante il raffreddamento.

intrusive

Intrusive:i magmi solidificano in profondità in tempi lunghissimi. Prima si formano i minerali che hanno temperatura di solidificazione + elevata e gli altri restano nella massa fluida.

Struttura olocristallina: tutti i minerali sono visibili ad occhio nudo in forma di cristalli, solo i primi a solidificarsi raggiungono l’abito cristallino(granito).

Effusive:derivano dal raffreddamento del magma sulla superfice terrestre in tempi brevi.

Struttura vetrosa:non ci sono cristalli, ma una struttura a composizione silicatica in cui non si possono distinguere minerali diversi. (ossidiana, pomice).

Struttura porfirica:quando il magma prima di uscire staziona nel vulcano. Si formano cristalli di diverse dimensioni(fenocristalli immersi in una massa(pasta di fondo)

Ipoabissali:derivano dal magma solidificato a una profondità moderata della crosta sotto forma di corpi intrusivi che si raffreddano + rapidamente e si trovano in condizioni di gtemperatura e pressione diverse da quelle intrusive e da quelle effusive.

Struttura porfirica:si vedono alcuni cristalli.

Struttura aplitica:granulare con i cristalli piccoli delle stesse dimensioni.

Struttura pegmatica:cristalli di grandi dimensioni e talvolta minerali prezosi e rari.

Composizione:dipende dalla composizione del magma che le costituisce e non dal raffreddamento, è quindi indipendente dalla sua struttura. Si possono distinguere minerali essenziali:silicati:quarzo, feldspato, feldspatoidi, miche, pirosseni, anfiboli, olivine. La silice è il componente principale ed è presente allo stato puro nel quarzo.

Tenore di silice:1)rocce sialiche:silice >66% (feldspato di potassio), 2)rocce intermedie: 66%3)rocce femiche: 52%4)rocce ultrafemiche:silice<45%. Dove è presente il potassio è presente il quarzo e non l’olivina, che non possono coesistere nella stessa roccia.

Magmi alcalini hanno un elevata percentuale di minerali metallici alcalini (sodio e potassio) al contrario dei magmi subalcalinimagmi alcalici-calcici (Ca, Mg)

Famiglia dei graniti: rocce sialiche che derivano da magmi alcali-calcici(quarzo, feldspato di potassio)

Famiglia delle sieniti:rocce con tenore di silice intermedio derivano d amagmi alcalini (ortoclasio, pirosseni, anfiboli)

Famiglia delle dioriti:rocce a composizione intermedia che derivano da mgmi alcali-calcici sono presenti in equal misura minerali sialici e femici.

Famiglia dei gabbri:rocce femiche che derivano da magmi alcali-calcici. Contengono solo minerali femici

Famiglia delle periodotiti:comprendono rocce ultrafemiche che derivano da magmi alcali-calcici (pirosseni, olivine)

Il dualismo dei magmi

Magma primario:si forma nel amntello superiore x fusione parziale di rocce ultrafemiche.femico

Magma secondario:si forma x fusione parziale delle rocce della crosta.+sialico

Durande il risalimento del magma si hanno precessi di differenziazione che ne modificano la composizione:i primi minerali che si formano sono quelli femici e di solito si staccano dalla massa fluida x decantazione(=i più densi cadono sul fondo, i meno densi galleggiano). Quindi quelli + densi vengono abbandonati e la massa fusa si spostacristallizzazione frazionata:da un magma primario femico si può passare ad un magma prevalentemente sialico. Inoltre il magma può entare in contatto con altri=assimilazione.

2)processo sedimentariorocce sedimentarie:sono le + diffuse allo starto superficiale. Si formano x l’accumulo di detriti di rocce preesistenti esposte alla superfice terrestre da agenti esogeni. Processo:

1)degradazione meteorica:alterazione e disgragazione delle rocce affioranti(fattori atmosferici, esseri viventi)

1-a)degadazione fisica:la degradazione produce frammenti della stessa composizione della roccia madre(sbalzi di temperatura)rocce detritiche

1-b)degadazione chimica:i minerali della roccia diventano altri minerali (acqua, biossido di carbonio, ossigeno)rocce di deposito chimico o rocce organogene

2)erosione:distruzione parziale o totale delle roccie affioranti e produce:

3-a)detriti:restano nel luogo di formazione (deposito residuale)

3-b)sostanze solubili:sono trasportate dalle acque superficiali

3-c)minerali di alterazione insolubile

4)trasporto:tramite l’aqua e grazie alla forza di gravità

5)sedimentazione:fase di accumulo dei detriti (ambienti sedimentari:terrestri, marini, ditransizione). I sedimenti sono di solito incoerenti.

6)diagenesi:insieme dei processi chimici e fisici che trasformano i sedimenti incoerenti in una roccia coerente. Ciò comporta cambiamenti nella struttura e nella composizione.

Le sostanza cementanti sono il calcio e la silice.

Calcari:le rocce composte prevalentemente da calcio

Struttura a strati:ogni strato corrisponde a un preciso evento sedimentario durante il quale le temperature si sono mantenute costanti.

Struttura compatta:rocce non stratificate, formate da sali che si formano x precipitazione o materiali accumulati da organismi biocostruttori.

Detritiche:formate da frammenti detti clasti. La classificazione si basa sulle dimensioni e la forma delle particelle + abbondanti:

incoerenti: coerenti:

ghiaie conglomerati 1)

sabbie arenarie 2)

silt siltiti 3)

argille argilliti 4)

1)ciottoli di grandi dimensioni.conglomerati=rocce arrotondate, brecce=rocce spigolose

2)granuli distinguibili ad occhio nudo

3)4)composti da silicati idrati d’alluminio (marme)

Rocce piroclatiche:prodotto della sedimentazione e della diagenesi di solidi eruttati dai vulcani.

Brecce vulcaniche:contengono blocchi grossolani (tufi, cineriti)

Deposito chimico:1)evaporiti:derivano dalla precipitazione di sali che avviene secondo una precisa sequenza che dipende dalla solubilità (i sali meno solubili precipitano prima) (salgemma, gesso, anidrite)

2)calcari inorganici:contengono carbonato di calcio x precipitazione chimica (travertino, stallatiti, stalagmiti) calcare oolitico:calcare che si deposita intornoa granuli di altra natura.

3)selce:roccia silicea compatta x precipitazione chimica di biossido di silice. È presente il quarzo in forma microcristallina (diaspro, opale,calcedonia, quarzo)

4)rocce residuali:si formano x l’accumulo nel luogo stesso di formazione di minerali scarsamente solubili che derivano dalla degardazione chimica di rocce (caolino,bauxite,lateriti)

Organogene:sono prodotte da esseri viventi, quasi sempre scheletri, gusci o resti vegetali che alla morte dell’organismo vengono depositati.visto che i principali componenti delle parti dure degli esseri viventi sono:carbonato di calcio, silice e fosfato di calcio:

1)rocce carbonatiche: a)calcari:si formano principalmente in ambiente acquatico e contengono sia resti organici sia carbonato di calcio di origine chimica. b)costituite x il 50%dal minerale dolomite che deriva dalla diagenesi dei calcari marini:processo di dolomitizzazione dei calcari(sostituizione degli ioni calcio con ioni magnesio)

2)rocce silicee:derivano dai resti di organismi marini che utilizzano la silice x la costruzione dei loro gusci e scheletri. (diatomee, radiolari) (diatomiti e radiolariti possono essere trasformatre in selci)

3)rocce fosfatiche derivano da scheletri di vertebrati o dall’accumulo di escrementi di animali marini. Contengono fosfato di calcio (carboni, idrocarburi)

3)processo metamorficorocce metamorfiche: si formano dopo intense variazioni di temperatura.

Le cause sono di natura endogena: le rocce si formano in profondità, nei punti geologicamente + attivi.

Processo:

1)metamorfismo di contatto:avviene quando una roccia è in contatto con il magma risalente. Il calore elevato cuoce le rocce cambiandone la composizione e il grado di cristallizzazione. Aureola di contatto:zona circostante al amgma nella quale i gas facilitano le trasformazioni chimiche e mineralogiche.

2)metamorfismo clastico: è dovuto all’azione della pressione elevata che frattura e piega masse rocciose.

3)metamorfismo regionale:si verifica x l’azione combinata di temperatura e calore, coinvolge ampie zone della crosta. Avviene quando le rocce vengono sepolte in profondità, oppure quandole masse rocciose sono coinvolte in fenomeni di deformazione della crosta terrestre. Possono formarsi nuovi minerali.

Il metamorfismo si verifica nell’intervallo di temperatura 200°-800° C e può raggiungere la pressione di 11 kbar x questo esistono diversi gradi di metamorfismo: 1)metamorfismo di basso grado=diagenesi, 2)metamorfismo di alto grado: porta alla fusione delle rocce circostanti=ultrametamorfismosi forma un migma:massa costituita da una parte fusa (sialica) e una solida. Dalla solidificazione diretta del migma di formano particolari rocce dette migmatiche.

Struttura:viene modificata dalla temperatura e dalla pressione

1)ricristallizzazione e aumento della grana, dato dall’accrescere delle temperatura. Tipico del metamorfismo di contatto (marmo)

2)lineazione e foliazione, dati dalla pressione in un’unica direzione. Scistosità:particolare forma di foliazione che determina la capacità della roccia di sfaldarsi facilmente in lastre (piani di scistosità) tipici del metamorfismo regionale.

3)frantumazione della roccia in granuli, tipica del metamorfismo clastico.

Facies metamorfica:comprende tutte le roccie che hanno subito un metamorfismo di pari grado. A ogni facies corrispondono dei minerali indice.

Classificazione:le rocce metamorfiche + diffuse derivano dal metamorfismo di argille e rocce magmatiche sialiche.

Argilloscisti:struttura debolmente scistosa, derivano dal metamorfismo basso delle argille (ardesie)

Filladi:scistose a grana fine. Contengono quarzo e miche. Derivano da un metamorfismobasso di argille rocce magmattiche sialiche.

Scisti:sfaldatura scistosa, derivano da un metamorfismo + intenso (micascisti).

Gneiss:struttura scistosa poce evidente e grossi cristalli che corrispondono a un grado+ alto di metamorfismo di rocce argillose o granitiche

Stisti blu: derivano dai basalti metamorfosati in elevata pressione e bassa temperatura

Eclogiti:derivano dai basalti metamorfosati in elevata pressione e tremperatura.

Marmi:si formano i seguito al metamorfismo di qualsiasi grado dei calcari.


Ciclo litogenetico:coinvolgono tutti i processi magmatico, sedimentario e metamorfico e quindi tutte le roccie della litosfera. Il magma che origina delle rocce provoca un processo di metamorfismo sulle rocce circostanti x il metamorfismo di contatto. Le rocce magmatiche arrivando in superfice posso subire un processo di sedimentazione. Il processo che termina con la diagenesi può seppellire le risultanti rocce sedimentarie e le rocce magmatiche, le quali possono essere coinvolte in un processo metamorfico. Se poi, in profondità, pressione e temperatura sono tali da provaocare il fenomeno dell’anatessi, si forma un nuovo magma.

La litosfera riceve materiale dalle zone profonde della terra e interagisce con gli involucri esterni.